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Caro Segretario,

la politica italiana attuale, come sa, vive un periodo di forte sfiducia e delegittimazione da parte della gente. Essa è percepita come lontana dai veri problemi e, in un certo senso, come causa degli stessi. Complice anche la fine dell’intensa stagione ideologica della prima repubblica e la crisi valoriale ed economica della società, la politica ha perso quell’autorevolezza che le appartiene per costituzione, per apparire affaristica ed autoreferenziale, ed il politico, da rappresentante e guida della società, è oggi percepito nell’opinione pubblica alla stregua di un imbonitore e di un approfittatore delle altrui aspirazioni. La sua attività è considerata un insieme di furbesche strategie per arrivare al potere, piuttosto che un impegnativo e meticoloso servizio da offrire al beneficio comune; un privilegio spesso ottenuto con l’imbroglio e le promesse disattese, piuttosto che una responsabilità coltivata faticosamente e quotidianamente.

Il Partito Democratico, come sa, non è immune a questa situazione e la sua posizione è aggravata dalle ambiziose aspettative che la popolazione riformista e moderata italiana ha riposto su di esso sin dalla nascita. A mio personale avviso, una presa di posizione netta ed inequivocabile contribuirebbe a far uscire il Partito da questa impasse e spingerebbe l’intero sistema politico italiano nel ritrovare la sua funzionalità e credibilità sociale: chiedere una decurtazione dello stipendio ai rappresentanti istituzionali del Partito, pari al 20%, da applicare a tutti i livelli, dal Parlamento europeo, a quello nazionale, fino al più piccolo Consiglio comunale. Il ricavato della decurtazione potrà essere devoluto in un apposito fondo, creato per l’occasione, e da utilizzare a sostegno delle politiche sociali, oggi in difficoltà. La proposta rischia di apparire demagogica e populista, ne sono consapevole, perché riconduce tutto alla mera dimensione economica.  Avrebbe, inoltre, più senso se facesse parte di un programma governativo di riforma generale del sistema politico, il quale necessiterebbe, prima e più degli altri, di essere rivisto per gli eccessivi costi, le inefficienze e i deficit democratici come l’attuale legge elettorale. So, per di più, che buona parte delle retribuzioni di parlamentari e consiglieri venga già devoluta dagli stessi al Partito per il suo normale funzionamento (cosa questa poco rinomata), ma ritengo che un’operazione del genere sia necessaria ed improrogabile, perché contribuirebbe: 1) ad allontanare dal Partito Democratico quanti vorranno prestare attività politica mossi dal proprio tornaconto, piuttosto che da una sana passione civile e politica; 2) a restituire fiducia e simpatia al Partito ed ai suoi rappresentanti; 3) costituirebbe, infine, un atto di rispetto nei confronti di quelle categorie di lavoratori che stanno subendo maggiormente la crisi economica e che contribuiscono, con esigue retribuzioni e molteplici rischi, al reale funzionamento della società del nostro Paese (dagli operai, agli operatori precari della scuola e della sanità, dai componenti delle forze dell’ordine ai ricercatori universitari, ecc.). Nella consapevolezza che il Partito Democratico sia, nel nostro Paese, il soggetto politico chiamato a promuovere il cambiamento piuttosto che a temerlo, e nella speranza che la presente proposta possa essere accettata, Le rivolgo i migliori auguri di buon lavoro e di buone feste.

Francesco Lo Giudice

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