Apprendo da un articolo sul sito del Partito Democratico (www.partitodemocratico.it) i risultati del rapporto Svimez 2012, di seguito sintetizzati:
Sud, reddito a picco e rischio desertificazione industriale
Il rapporto Svimez lancia l’allarme: i consumi non crescono da cinque anni, il Pil pro-capite è meno della metà del centro-nord, la disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese, il 62% delle famiglie a rischio povertà – 17 ottobre 2013
Un Meridione che sta sprofondando nella povertà e a rischio desertificazione industriale, dove si continua a emigrare verso il centro-nord e all’estero. Questa la fotografia che emerge dal Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2012 presentato oggi a Roma.
I consumi non crescono da cinque anni, il Pil pro-capite è meno della metà del centro-nord, la disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese, il 62% delle famiglie, cioè due su tre, appartengono alle classi più povere e in un caso su quattro il rischio povertà resta anche con due stipendi in casa.
Secondo la Svimez, occorre rilanciare una visione strategica di medio-lungo periodo, che veda nella riqualificazione urbana, nelle energie rinnovabili, nella valorizzazione delle aree interne, nelle infrastrutture e nella logistica i principali drivers dello sviluppo. In base alle valutazioni della Svimez, nel 2012 il Pil è calato nel Mezzogiorno del 3,2%, oltre un punto percentuale in più del Centro-Nord, pure negativo (-2,1%). Per il quinto anno consecutivo, dal 2007, il tasso di crescita del Pil meridionale risulta negativo. Dal 2007 al 2012, il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10%, quasi il doppio del Centro-Nord (-5,8%). Si registrano cadute più contenute in Campania e Molise (-2,1%), seguono Puglia e Calabria (rispettivamente -3 e -2,9%), Abruzzo (-3,6%) e Sardegna (-3,5%). In coda la Basilicata (-4,2%) e la Sicilia (-4,3%).
In termini di Pil pro capite, il gap del Mezzogiorno nel 2012 ha ripreso a crescere, con un livello arrivato al 57,4% del valore pro capite del Centro-Nord. In valori assoluti, il Pil a livello nazionale risulterebbe pari a 25.713 euro, quale media tra i 30.073 euro del Centro-Nord e i 17.263 del Mezzogiorno. Nel Meridione la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (21.244 euro). Seguono il Molise (19.845), la Sardegna (19.344), la Basilicata (17.647 euro), la Puglia (17.246), la Sicilia (16.546) e la Campania (16.462). La regione più povera è la Calabria, con 16.460 euro. Il divario tra la regione più ricca e la più povera è stato nel 2012 di quasi 18mila euro: in altri termini, ad un valdostano si può attribuire un prodotto nel 2012 di quasi 18mila euro superiore a quello di un calabrese.
Continua la desertificazione industriale del Sud a dispetto delle politiche Ue per le regioni svantaggiate che in Italia non riescono dar frutto. Se Germania e Spagna dal 2001 al 2007 hanno fatto crescere il valore aggiunto industriale delle loro regioni svantaggiate del 40 e 10%, in Italia il valore aggiunto industriale del Sud è rimasto al 2007. Poi la crisi: il valore aggiunto manifatturiero è sceso dall’11,2% del 2007 al 9,2% del 2012, la produzione e’ scesa del 25%, i posti di lavoro del 24% gli investimenti del 45%.
Il Sud presenta a livello nazionale un vantaggio competitivo in termini di potenza prodotta dalle nuove rinnovabili (solare, eolico e biomasse) già oggi del 55% (Puglia 16,9%, Sicilia 11,5% e Campania 7,3%), con punte del 97% per l’eolico, e con un enorme potenziale non sfruttato in campo geotermico.
Così mi ritorna in mente il pensiero di Stefano Fassina, responsabile economico del Pd e viceministro all’Economia del Governo Letta, espresso in un articolo su una rivista (Nuove Lettere Meridionali, Glf sas editore, 2013, anno I° diretta da Cesare Marini, già deputato del Pd) e decido di scriverGli il seguente messaggio su facebook:
”Caro Stefano, ho letto ed apprezzato di recente un Tuo bellissimo saggio su ”Luci ed ombre della spending review”, che mi ha aiutato molto a capire i problemi economici dell’Italia e le proposte di soluzione offerte dal Partito Democratico, nel quale anch’io mi onoro di militare. Nello stesso sagio però Tu ritieni che tra Nord e Sud Italia vi sia una ”… profonda integrazione dal punto di vista economico…” e che ”Nord e Sud presentino differenze di livelli ma non di tendenze di fondo…”. Alla luce degli ultimi risultati Svimez, non ritieni sia invece, come me, necessario aprire un dibattito forte all’interno del Partito Democratico sul dualismo economico e sociale che di fatto ha caratterizzato – a mio avviso – i rapporti tra le due parti del Paese, dalla fondazione della repubblica ad oggi? Sperando in una Tua risposta, Ti saluto cordialmente e con rinnovata stima. Francesco Lo Giudice”
Ho atteso con curiosità la risposta di Fassina, anche perché nello stesso articolo Lui invita i ”teorici delle due Italie” a farsi una ragione dell’integrazione economica tra il Sud e il Nord del Paese.
Qualche giorno dopo Lui mi ha risposto così:
Grazie x la tua email. Certamente una discussione su cos’è oggi il divario nord sud è necessario. Ci proviamo. Stefano
Una risposta che trovo responsabile da parte Sua, sia per il momento storico del nostro Paese sia per coerenza con i programmi politici ed economici del Partito Democratico.