Francesco Lo Giudice è un giovane ricercatore calabrese e studioso delle persone e della società meridionale, impegnato in politica in qualità di consigliere comunale del suo paese di nascita, Bisignano (candidato a Sindaco nelle Amministrative del 2012). La prefazione è a cura dell’on. Gianni Pittella e la postfazione è a cura dell’on. Franco Laratta. E’scritto con un linguaggio semplice e diretto, alla portata di tutti e con una sensibilità tipica di chi ama la propria terra. Con questo titolo “Cambiare il Sud per Cambiare l’Italia”, Francesco lancia una sfida a tutti i Calabresi, ma soprattutto a quelle persone che vogliono vivere, crescere i figli, lavorare e studiare nella propria terra, perché non hanno alcuna intenzione di andare via. All’interno del libro, troverete scritti sulla “Questione meridionale”, frutto di studi condotti sull’argomento nell’arco di sette anni ( 2007 ad oggi), che ci offrono un’importante riflessione sul futuro del Sud. Un futuro che non si deve leggere sotto un aspetto macro, cioè Globalizzazione o Europeismo, ma bensì l’analisi che prevale riguarda processi di costruzione sociale interna a noi. La Calabria, ma il Sud in generale, è una terra martoriata dalle organizzazione mafiose, dall’illegalità, dalla corruzione in ogni ambito di attività umana e noi Calabresi continuiamo ad avere una rappresentazione di noi stessi e delle nostre realtà assolutamente negativa. Siamo, dunque, assuefatti a “viver come bruti”……..Questo volume c’insegna ad andare “Controvento”, a cambiare rotta una volta per sempre. Costruire una nuova Calabria significa cambiare i comportamenti individuali e collettivi dei meridionali. Mi piace definire questo libro “Manuale di Pedagogia sociale”, dove i meridionali sono chiamati ad un rinnovato protagonismo. Il libro si apre con una lettera aperta al Presidente della Repubblica (2007), dove Francesco dice: “ Sono fortemente convinto, che la generazione alla quale appartengo darà il colpo di grazia alla questione del Mezzogiorno d’Italia”. Nella lettera si percepisce la delusione per un Stato assente al Sud, che spesso ci fa sentire soli e si auspica la presenza di uno Stato capace di garantire ordine, diritti e giustizia sociale. Ritornando al discorso di cambiare rotta, si sottolinea l’urgenza di sostituire l’attuale classe dirigente con una nuova, più preparata, più onesta e coraggiosa. Ma in che modo si potrà attuare il ricambio generazionale, se dobbiamo fare i conti con l’illegalità, la mafia, il clientelismo nelle sue varie forme e il lavoro irregolare? “Cambiare la classe dirigente significa avere il coraggio di cambiare il nostro modo di pensare e agire collettivamente per il bene comune, non per particolarismi vari”. Significa avere coscienza e consapevolezza di chi siamo realmente e che cosa dobbiamo cambiare per essere migliori delle generazioni precedenti, distanti da compromessi. Si tratta di un comune impegno al cambiamento che parte da noi giovani, sia di destra che di sinistra, senza colore politico, ma accumunati da un “pathos profondo”: “migliorare la società in cui viviamo e viverla da protagonisti e non da osservatori inermi”. Proviamo a cambiare le nostre piccole azioni quotidiane: rispettiamo le leggi( mettiamo la cintura in auto; il casco in moto; non compriamo libri fotocopiati; non fumiamo spinelli; non sniffiamo cocaina; non andiamo dalle prostitute e non compriamo merce di contrabbando); dedichiamoci al volontariato, alla politica e ai progetti culturali; consumiamo prodotti locali e visitiamo le bellezze naturali e artistiche della nostra Regione. Al Sud vi è uno scarso sistema di regolazione sociale a causa di alcuni fattori: 1) La presenza della mafia infiltrata nelle istituzioni democratiche e in tutti i comparti economici e finanziari, spesso con la complicità delle classi politiche e dirigenti….Notizie di cronaca: Consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose……2) La corruzione politica e delle classi dirigenti…….le mazzette…..3) La disoccupazione, soprattutto giovanile. 4) Scarsa o assente cultura della legalità. Questo “potere razionale illegale”, così definito da Max Weber, come una piovra si è diramato in tutti i contesti sociali presenti sui territori, quasi come se fosse una cosa complementare al sistema istituzionale. Ragion per cui, ci siamo incastrati in una condizione psicologica collettiva definita “Sindrome di Stoccolma”( E’una sorta di alleanza tra vittima e carnefice). Si tratta di quelle persone che, pur di vincere un concorso, pur di ottenere incarichi, consensi elettorali, si alleano con il potente di turno. Questa “malsana”alleanza non fa altro che restringere lo spazio di libertà civile dell’individuo e si diventa così schiavi di un sistema mafioso che viene adottato come “paradigma sociale”. Ma se continuiamo a piangerci addosso, finiremo per avere sempre una rappresentazione di noi stesse e della nostra realtà sociale negativa. C’è da dire, che non è facile comportarsi correttamente in un contesto dove ognuno di noi ha imparato a piegarsi per ottenere favoritismi vari. “ Non è facile essere angeli all’inferno”. Come si può fare per uscire da questa trappola di negatività in cui siamo finiti ed esaltare la nostra positività? E’necessario esaltare, premiare e dar voce a ciò che di buono e positivo siamo, abbiamo e produciamo. Noi meridionali non siamo solo mafiosi, truffatori e corrotti, ma siamo soprattutto gente onesta, lavoratrice, ingegnosa e creativa. Infatti, tantissime sono le eccellenze umane e artistiche: promuovere la cultura è sinonimo di progresso e di libertà di pensiero e di azione. Se pensiamo a quanti bravi artigiani ci sono, ai numerosi liberi professionisti e ai sani imprenditori…………quelli che hanno il coraggio di denunciare e di lottare contro la mafia……( Callipo). I giornali, le televisioni e gli scrittori locali hanno il dovere di scrivere e costruire servizi su questi fatti, su questi “laboratori del fare” e spegnere i riflettori sui fatti di cronaca nera, protagonisti di stampa e televisioni nazionali.
Lettura: “Si narra che un etologo prese delle pulci e le chiuse in una scatola di vetro, per osservarne il comportamento. Le pulci cominciarono a saltare per muoversi e uscire dal contenitore ma, saltando, sbattevano la testa al coperchio. Salta oggi, salta domani, sbatti la testa oggi, sbatti la testa domani, le pulci smisero di saltare. Fu a quel punto che lo scienziato rimosse il coperchio e attese la reazione. Le pulci non fecero più nessun salto e morirono nella scatola aperta. Questo aneddoto scientifico insegna che: quando, per una qualche ragione, cambiano le condizioni esterne e vengono meno gli ostacoli che ci impediscono il successo di un’azione, spesso non si ha più il coraggio di riprovarci perché la serie di fallimenti registrati e le relative sofferenze patite, ci hanno fatto perdere l’entusiasmo e siamo portati a rinunciare al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. E’una metafora che ben si adatta alla psicologia umana. Noi siamo stati per anni come le pulci nella scatola chiusa e, una volta aperta, abbiamo continuato a morire lentamente. Ora, credo che sia giunto per noi meridionali il momento di riprovare a saltare, cioè di azzerare tutto e ricominciare da capo, puntando sulle potenzialità dei nostri territori. Dobbiamo iniziare a pensare positivo e tirare fuori tutto quello che di buono c’è da noi, al Sud. Se pensiamo bene, ci troviamo all’interno di quella che è stata definita la terza rivoluzione industriale, che vede protagonisti nuove fonti di approvvigionamento energetico rinnovabili ( energia eolica e solare-fotovoltaica, ricavabili dal vento e dal sole, di cui il Mezzogiorno è ricco e generoso) e nuove tecnologie riguardanti la comunicazione, quale quelle digitali. E’necessario puntare sullo “sviluppo sostenibile” con le risorse economiche e umane che abbiamo a disposizione. Potenziare i servizi alla persona, migliorare ospedali e reparti; incentivare il Turismo del mare e della montagna; il mondo delle imprese presenti sul territorio; valorizzare l’agricoltura e i suoi prodotti; puntare sul settore gastronomico. Essere “politico nuovo” e “amministratore locale” nuovo al Sud significa battersi per lo sviluppo e la crescita sociale, perché creare posti di lavoro significa portare benessere sul territorio. E’necessario affrontare il problema degli immigrati, non in termini di sfruttamento, ma di ricchezza sociale, perché i loro usi e costumi vanno ad integrarsi con la nostra cultura. Dunque, la Calabria vista come terra di accoglienza ed integrazione sociale. E’del 2008 il progetto “Unione per il Mediterraneo”, che vede la creazione di un’area di libero scambio economico e sociale tra l’Europa e le regioni del Sud del mondo, in particolare l’Italia e le regioni del Sud, le quali per la posizione geografica avranno funzioni di collegamento tra Europa e questi Paesi. Ed è dunque per la posizione geografica di estremità, che il Mezzogiorno viene visto, da Francesco, come un metaforico capolinea , in cui un modello di sviluppo termina la sua corsa e un altro parte in senso contrario. Ci avvaliamo dei Finanziamenti strutturali europei e dei finanziamenti del Governo centrale, i cosiddetti fondi FAS ( Fondi per aree sottosviluppate), destinati a Calabria, Sicilia, Sardegna, Campania, Puglia e Basilicata. La cosa grave però è che i fondi europei arrivano e sono tanti soldi e ritornano indietro, perché in Calabria non c’è progettualità; mentre i fondi del governo arrivano e vanno nelle mani della mafia. Ora riflettiamo su una cosa: quanti terreni e immobili vengono confiscati alla mafia qui da noi? Tanti. Allora penso a quante cooperative sociali potrebbero utilizzarli per svolgere attività di qualsiasi genere; quanti progetti potrebbero essere realizzati….. ..Centrale è il ruolo delle donne al Sud, impegnate in molti ambiti di attività umana ( scuola, sanità, imprese, pubbliche amministrazioni, giornali, partiti). Rilevante e nota positiva al Sud è l’emancipazione culturale, l’elevato capitale umano rappresentato dai numerosi giovani laureati. Inoltre, in un momento di crisi economica e sociale e di indebolimento dei principali istituti socio-educativi( famiglia, scuola, partito), l’agire insieme e per finalità comune prende corpo e diventa l’anima dell’aggregazione sociale: associazioni sportive, culturali, politiche, religiose. Le Amministrazioni locali hanno il dovere di sostenere le varie forme di cittadinanza attiva, affinchè le persone possano esprimere la loro personalità, capaci di fare cose buone e colmare vuoti istituzionali….
Mi ha colpito l’incontro di Francesco con il prof. Carlo Trigilia, ministro alla coesione territoriale.
Francesco dice: “Come fa la gente al Sud a ribellarsi al potere clientelare e mafioso, se vive in una situazione di bisogno?”. E’allarmante, infatti, il dato statistico……il 6,7% delle famiglie meridionali è povera e non è in grado di acquistare bene i servizi per sopravvivere. Dunque, chi è ricco, si cura, chi è povero muore…… Parliamo ancora di stratificazione sociale nel 2014? Dove è finito l’art 3 della nostra Costituzione, che afferma il principio di uguaglianza e di dignità sociale senza alcuna distinzione?
Il prof Trigilia: “ Le politiche mafiose e clientelari devono essere sconfitte dal basso”. Ma chi è il basso? Il popolo, siamo tutti noi, che dobbiamo ribellarci a questo sistema corrotto e illegale. Ed è questo il senso del libro” Cambiare il sud per Cambiare l’Italia”. Se pretendiamo che ci vengano garantiti i diritti, dobbiamo avere il coraggio e il dovere morale di mettere in pratica sani principi di convivenza sociale, senza scendere a compromessi o a forme di ricatto per ottenere privilegi o vantaggi personali. “Ed è proprio dalle macerie che si può rinascere” afferma l’on. Franco Laratta……
Bisogna avere il coraggio, con umiltà, semplicità e competenza di metterci la faccia e di cambiare questo stato di cose, partendo dal basso: da tutti noi, scuola, famiglia, associazioni. Insieme si può, insieme si deve: si perché siamo obbligati a riscrivere una pagina nuova della storia dei nostri territori. Dobbiamo essere consapevoli del fallimento della vecchia classe politica-dirigente e del principio di sussidiarietà verticale( Stato-Regione-Comune), soprattutto al Sud. Si riparte dai giovani meridionali, come Lo Giudice che hanno la forza e il coraggio di dire BASTA! Che rappresentano la positività della nostra Calabria, che hanno voglia di chiudere con questa fase storica e politica e che vogliono battersi contro l’illegalità e l’arretratezza culturale. La capacità di ascolto dei bisogni della gente e l’essere “madri e padri” di buone idee diventeranno la scommessa della nuova classe dirigente del Sud, il rinnovamento di cui auspichiamo fortemente. Ma non c’è tempo da perdere, anzi non abbiamo una seconda possibilità per salvarci. Così facendo saremo orgogliosi di essere italiani, ancora di più di essere meridionali. La Calabria non ha bisogno di eroi o eroine, ma di gente onesta, preparata che si mette in gioco per risollevare il presente e migliorare il futuro. Perché vedete, cambiare il Sud diventa la grande opportunità per l’Italia di risollevare la propria economia e il progresso. Concludo con le parole del’on. Franco Laratta: “ Francesco è convinto che la Calabria non si salva per grazia di Dio, ma si salva per volontà dei Calabresi”. Importante è quello che iniziamo a fare da oggi in poi. Leggendo questo libro, troverete un po’ di voi e, se c’è qualcosa di sbagliato nel vostro modo di pensare e agire, provate a cambiare. Se cambia una persona e, a sua volta, influenza l’altra, alla fine riusciremo tutti insieme ad attuare il cambiamento.
Serafina Nisticò
Educatore
Assistente sociale
Corrispondente territoriale del giornale “Il Crotonese”