Intervista effettuata il 10 maggio 2015 e presa dal sito del giornale on line degli italiani in svizzera www.lapagina.ch
BISOGNA CAMBIARE IL SUD PER CAMBIARE L’ITALIA.
Intervista a Francesco Lo Giudice, dottore di ricerca in sociologia politica dell’Università Calabria autore del libro “Cambiare il sud per cambiare l’Italia”
‘Cambiare il sud per cambiare l’Italia’, lei parla di cambiamento autentico, soprattutto afferma che questo sarebbe possibile…
Ho scritto questo libro per dire che in sostanza il futuro dell’Italia si gioca al sud e che oggi è possibile far cambiare in maniera autentica il sud per una serie di circostanze che sono individuate dentro e fuori l’Italia, in particolare nel sud e che io elenco nel libro. Sono motivi che mi danno fiducia nel futuro sud d’Italia, sia motivi di carattere culturale che economico e quindi ho sentito l’esigenza di comunicarli, di metterli in questo libro per dire se non si cambia il sud, non si potrà più cambiare l’Italia. Cioè siamo arrivati ad un punto in cui il modello di sviluppo su cui l’Italia si è basata finora per garantire il suo sviluppo economico/sociale adesso è in crisi, non funziona più. E dunque è arrivato il momento in cui la coesione territoriale tra nord e sud del paese dev’essere garantita come presupposto di un rilancio civile ed economico di tutto il paese.
Sappiamo tutti che la questione sud è ormai una questione annosa, se ne parla da tempo immemore, quali sono le cause principali dell’arretratezza? Sono più di una?
Le cause sono diverse, io personalmente nella ricerca di quali potessero essere le cause principali, faccio un ragionamento sulle diverse matrici di cause che hanno determinato questa situazione. Certamente è una questione economica italiana, il modo in cui si è sviluppato il sistema industriale ed economico italiano ha certamente contribuito ad alimentare e consolidare questo divario economico e civile tra le due parti del paese ed è proprio per questo che, poiché questo sviluppo economico e industriale come dicevo prima, è messo in discussione da una forte recessione economica e dai mutamenti dello scenario internazionale, l’Italia ha necessità di investire nel sud.
Per dirla con una battuta, dico che l’Italia oggi ha bisogno del sud più di quanto il sud abbia bisogno dell’Italia. È una circostanza storica straordinaria, ma c’è di più: secondo me per questi cambiamenti silenziosi ma epocali, il sud dell’Italia adesso è necessario all’Italia, che lo voglio ricordare è un terzo del paese, sia per l’estensione geografica che per numero di abitanti, non a caso, le otto regioni del famoso mezzogiorno fanno 21 milioni di abitanti ossia quanto Svezia, Finlandia e Norvegia messe insieme, quindi un territorio considerevole da un punto di vista anche demografico e territoriale. L’occasione di puntare sul progresso civile ed economico del Mezzogiorno del sud, quindi permettergli di fare un progresso, un avanzamento della sua economia e della sua società, può rilanciare tutto il paese, perché l’Italia soffre in maniera particolare questo sottosviluppo di una parte sua importante che oggi è diventata strategica anche per i nuovi assetti geopolitici internazionali. La causa principale dell’arretratezza del sud, secondo me, tra le tante problematiche che ho studiato in merito al sud dell’Italia, ci sono diversi problemi, tra cui il fatto che il sud non è un territorio che riesce a produrre in maniera autonoma la ricchezza per il benessere dei suoi abitanti.
Questa è un po’ la sventura di tutti i paesi, di tutte le regioni, essere in grado di produrre in maniera autonoma ciò che gli serve per fare stare bene i propri abitanti.
Il problema della criminalità organizzata, oppure della mafia, che per molto tempo è stata considerata un freno allo sviluppo del meridione, per lei, invece, è soltanto una delle tante cause del degrado e dell’arretratezza del meridione…
Sì, ritengo, e in verità non solo io, che la mafia non è il problema principale, la mafia è una conseguenza dei problemi del sud, della difficoltà di progresso del sud, un problema che certo poi si è incancrenito e diventato oltremodo preoccupante e difficile da risolvere, ma ritengo che non è questo il problema principale. La causa principale è il fatto che l’economia del sud dell’Italia è un’economia ancora assistita e dipendente, è un’economia che non riesce a garantire una corretta distribuzione delle risorse ai cittadini e quindi da qui un problema di povertà, di guerra tra poveri, un problema di sfiducia sociale e istituzionale, un problema di manipolazione delle istituzioni e dei mezzi per accaparrarsi le poche risorse disponibili e la mafia su questo chiaramente ha prosperato. La mafia ha prosperato su tutta quella costruzione di illegalità che poi si è verificata nel sud. Il sud così come tanti territori sottosviluppati, presenta infinite risorse da un punto di vista naturalistico, culturale, artistico, storico, umano. Il problema è che le risorse non vengono opportunamente valorizzate e non si riesce ad uscire dai circuiti viziosi della povertà e dell’arretratezza, del sottosviluppo e dell’illegalità bloccando qualsiasi tentativo di cambiamento autentico.
Nel libro sostengo che se riuscissimo a valorizzare ciò che di straordinario abbiamo, allora potremmo davvero cambiare il nostro destino collettivo e io credo che avverrà, sono fiducioso sul futuro del sud perché ci sono cambiamenti che sono avvenuti e che stanno già cambiando la società meridionale.
Ai giovani che stanno pensando di andare via suggerisce di fare qualche altro tentativo per restare. Tutto questo va bene, ma non si rischia di essere nuovamente delusi?
Il rischio è molto elevato, però è un rischio che dobbiamo correre, perché l’etica e l’economia procedono in maniera parallela come fossero binari di un treno. L’etica e l’economia si influenzano reciprocamente e costantemente, al cambiare delle condizioni economiche, cambia anche la mentalità. Sono convinto che poiché il sud dell’Italia è pronto ad un cambiamento economico autentico, con questo cambiamento sta parallelamente procedendo anche un cambiamento di mentalità. Noto che c’è una voglia di riscatto in buona parte della popolazione che è forte e molto appassionata. C’è una voglia di emancipazione etica ed economica.
C’è un bellissimo proverbio arabo che dice: quattro uomini non riescono ad alzare un cammello se il cammello non ha intenzione di alzarsi, cioè noi possiamo appellarci ai governi italiani o all’Unione europea che facciano di tutto per far progredire il sud, ma se nel contempo noi italiani meridionali non ci convinciamo che un altro sud è possibile e non lavoriamo per far diventare quest’altro sud una realtà, allora il tentativo continuerà ad essere vano. A fronte di queste prospettive, di questi cambiamenti economici ci dev’essere la volontà di diventare buoni cittadini.
Francesco Lo Giudice
Intervista a cura di Leo Caruso
redazione@lapagina.ch