E’ la capacità di valorizzare le risorse disponibili, innanzitutto umane, che determina lo sviluppo o il sottosviluppo di una società. Risorse naturali, culturali, economiche.
In questo senso, mi sembra che il problema del sud dell’Italia, così come delle altre società sottosviluppate, sia, sopra ogni altro problema, la distanza rilevante, talvolta abissale, che vi è tra il possesso delle risorse a disposizione e la capacità di valorizzarle opportunamente.
Il problema più grande dell’Italia meridionale non mi pare infatti la mancanza di risorse, anche preziose e originali, quanto l’incapacità di farle divenire fonte di occupazione e di ricchezza collettiva.
L’incapacità delle società sottosviluppate di valorizzarle è tale che esse spesso finiscono con il disperdere quelle più preziose che hanno, ossia quelle umane. Le quali, è ovvio ma non banale, costituiscono le risorse più preziose di ogni territorio, da sempre e in ogni luogo.
Il perché questo avvenga è imputabile a una serie di ragioni, alcune delle quali annose e rinomate, altre meno, di cui la presenza dei gruppi criminali mafiosi ne rappresenta solo un esempio, e nemmeno il più importante, come si potrebbe invece in un primo momento pensare.
Al contrario, la forza delle società sviluppate, come quella ad esempio del nord dell’Italia, mi sembra essere la capacità di ridurre, fino ad annullare, la distanza esistente tra le risorse possedute e l’abilità di valorizzarle adeguatamente.
In questi ultimi contesti, le risorse non solo non vengono sprecate o mortificate ma vengono piuttosto valorizzate, talvolta fino alla loro mitizzazione. La capacità di valorizzarle è tale che, quando non ve ne sono a sufficienza, le società sviluppate riescono a inventarne di nuove o ad attrarle dall’esterno.
Una società si sviluppa dunque nella misura in cui valorizza, inventa o attrae le risorse. Una società invece si sottosviluppa nella misura in cui spreca, disperde, mortifica le sue risorse e non riesce a inventarne di nuove o ad attrarle dall’esterno.
Per dirla banalmente con una metafora: le società sviluppate riescono a trasformare le pietre in oro; quelle sottosviluppate non solo non riescono a trasformare le pietre in oro ma l’oro che hanno, spesso, lo fanno diventare pietra.
Scopo di questa modesta riflessione è quello di continuare a divulgare, tra le altre cose, un’intima convinzione. Ossia che il futuro prossimo dell’Italia si giocherà a Sud, in quanto la maggior parte dei fattori ostativi che impedivano nello stesso Sud la valorizzazione delle risorse è venuta meno, per cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni, dentro e fuori il contesto nazionale italiano.
Tali cambiamenti, per lo più silenziosi ma epocali, sono tali e tanti da aver ribaltato, per la prima volta credo nella storia repubblicana dell’Italia, il rapporto tra le potenzialità e i problemi nella società meridionale.
Molti problemi è vero sono rimasti, alcuni dei quali si sono addirittura aggravati (come le mafie che sono diventate imprenditrici); altri se ne sono aggiunti.
Nel corso di questi ultimi decenni, però, le potenzialità si sono invece moltiplicate, sia in qualità che in quantità, superando di gran lunga i problemi.
Al punto che, se ponessimo gli uni e le altre sui piatti di un’immaginaria bilancia, quest’ultima penderebbe certamente verso le potenzialità, non più verso i problemi, come invece è avvenuto finora e per decenni.
Questo assunto mi porta a dire che gli anni che verranno saranno anni di grandi sfide politiche e culturali, e di grande crescita civile ed economica per il nostro Paese se, e solo se, si scommetterà (sia a livello locale che nazionale), sulle potenzialità del Sud.
Molto di più e meglio di quanto è stato fatto in passato. Così da permettere alle potenzialità di trasformarsi in occasioni concrete di sviluppo e a questa parte consistente del Paese, e alla sua numerosa gente, di emanciparsi come vorrebbe e come sarebbe giusto.
E all’Italia tutta di diventare finalmente una nazione unita, più moderna e più giusta, capace di condizionare positivamente, piuttosto che subire negativamente, le dinamiche del nuovo scenario europeo e mondiale.
In altre parole, nonostante la forte crisi economica e sociale che investe da anni il nostro Paese e l’Europa, e il crearsi di quella che potremmo definire la ‘’questione meridionale europea’’, l’Italia può paradossalmente avviare a soluzione il suo storico dualismo economico e sociale interno.
Considerando infatti il mutamento degli scenari interni e internazionali avvenuti negli ultimi decenni, il Mezzogiorno ha l’occasione di diventare un territorio autonomo da un punto di vista produttivo, di ridurre sensibilmente la maggior parte dei suoi problemi sociali e di configurarsi pertanto come possibile soluzione alla crisi nazionale.
Rappresentando del resto un terzo del Paese, sia per estensione geografica che per numero di abitanti, esso presenta ampi margini di crescita dato che la maggior parte delle sue risorse, innanzitutto umane, e delle sue potenzialità produttive, legate soprattutto all’ambiente, ai beni culturali e al territorio, è ancora da valorizzare adeguatamente.
Il suo progresso, in passato ritenuto spesso un rischioso quanto improduttivo investimento, è oggi favorito dal mutare di una serie di circostanze interne ed esterne di grande rilevanza, quali: l’affermazione delle fonti rinnovabili di approvvigionamento energetico; il ritorno di centralità geopolitica e commerciale del Mediterraneo; l’accresciuto livello di informazione e istruzione di massa; l’apporto culturale, economico e demografico garantito dall’immigrazione; il protagonismo civile delle donne; la consistenza dei fondi comunitari europei; la vitalità dell’imprenditoria giovanile e del terzo settore; l’affermazione di un nuovo meridionalismo intellettuale e di una ritrovata fierezza di appartenenza; il processo di ridefinizione politica federale degli assetti territoriali; la globalizzazione dell’informazione e l’affermazione della comunicazione digitale; la crisi del paradigma di sviluppo economico nazionale e di quello capitalistico più in generale; il ritorno dell’attualità della questione meridionale con l’avvento della terza repubblica.
Combinazione di circostanze favorevoli inimmaginabile fino a qualche decennio fa, la quale, sbilanciando come detto il rapporto tra problemi e potenzialità del sud a favore di queste ultime, lascia presupporre una possibile metamorfosi della realtà meridionale simile a quella avvenuta nella Germania dell’est successivamente alla caduta del muro di Berlino.
Se opportunamente valorizzata da politiche pubbliche a livello locale e nazionale, tale combinazione può favorire una maggiore coesione territoriale e sociale e contribuire al rilancio civile ed economico non solo del Mezzogiorno ma dell’intero Paese.
29 aprile 2016
Francesco Lo Giudice