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Email spedita ai colleghi del comitato “precari invisibili della ricerca UniCal”, attraverso il quale abbiamo dato vita ad una serie di iniziative politiche all’interno e fuori i confini dell’Ateneo in seguito alla formulazione della Riforma sull’università e la ricerca del Governo Berlusconi.

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Carissime/i,

sento l’esigenza di condividere anche con chi non è stato al Consiglio di Facoltà di Scienze Politiche di ieri mattina alcune riflessioni in merito allo stesso e alla fantastica esperienza di partecipazione politica in generale che ci sta vedendo protagonisti da quasi un anno.

Anche questa del Consiglio di Scienze Politiche è stata per il nostro movimento un’esperienza costruttiva e positiva. Innanzitutto per la comprensione e il rispetto che ci ha dimostrato l’intero Consiglio, il quale ha promesso, per tramite del suo presidente Prof. D’Ignazio e di alcuni suoi componenti, di accogliere e sostenere molte nostre richieste e riservarsi di riflettere sulle altre. Poi perchè il nostro portavoce, Fabrizio, è stato molto bravo: ha esposto le istanze in modo chiaro, sintetico e preciso. Ha specificato che la nostra non è una lotta corporativa, ma un impegno volto a fronteggiare nel migliore dei modi questo momento di difficoltà dell’Università e organizzare al meglio il futuro di chi, come noi, vi lavora in condizioni precarie. Infine, molto brave sono state anche Irene e Francesca ad intervenire e a rimarcare la necessità di un censimento di noi ricercatori precari e la nostra rappresentanza in seno a tutti gli organi decisionali.

La seconda mia riflessione riguarda più propriamente le intenzioni di questo Governo nei confronti del sistema universitario nazionale e del sistema statale e pubblico in generale. Forse non è un caso che le più discusse e importanti riforme che stia mettendo in atto questo Governo, e attraverso cui sarà principalmente ricordato in futuro, riguardino proprio la scuola, l’università e la pubblica amministrazione. Cerco di spiegarmi meglio. Il tentativo dichiarato di “razionalizzare” il sistema universitario può essere letto, volendo, non solo come propriamente tale, ma anche in termini di screditamento del sistema pubblico in generale in quanto luogo di sprechi, di inefficienza e di irresponsabilità per eccellenza e finanche come volontà di indebolimento del sistema universitario in quanto luogo privilegiato di formazione della coscienza critica di un Paese. Conosciamo benissimo il famoso detto latino “Divide et impera” e sappiamo benissimo anche che il miglior modo per “dividere” sia quello di diminuire in un settore le risorse finanziarie; per cui, credo sia legittimo, oltre che utile, coltivare il dubbio secondo il quale dietro questo tentativo di razionalizzazione vi possa essere, da parte di questa maggioranza di Governo, la contemporanea volontà di neutralizzare la capacità di opposizione politica e culturale del sistema universitario all’azione politica del Governo stesso. Altrimenti personalmente non riesco a spiegarmi come mai questa stessa volontà razionalizzatrice del Governo Berlusconi, al di là di proclami e sbandierati intenti,  non sia stata realmente indirizzata anche e soprattutto verso la classe politica di governo e le sue istituzioni, piene, come sappiamo, di enormi sprechi e privilegi inutili e dispendiosi.

Pertanto viene automatico pensare che il Governo abbia tagliato i fondi alle Università non soltanto per risanare i conti pubblici ma anche e soprattutto perché sapeva, che così facendo, avrebbe messo in conflitto gli Atenei del Paese (quelli virtuosi contro quelli meno) e avrebbe creato conflitti interni negli Atenei stessi (tra ricercatori giovani e meno giovani e docenti), tra facoltà e tra dipartimenti, per la gestione e la redistribuzione delle esigue risorse disponibili.

Non sarebbe stato più giusto se il Governo avesse iniziato questa opera di razionalizzazione proprio dal ridurre i costi della politica? In fondo, chi vuole davvero cambiare il mondo, non deve iniziare dal cambiare se stesso? Ora, e concludo scusandomi per essermi dilungato, assunte queste premesse come interessanti, credo sia molto importante, al fine di continuare in modo efficacemente questo nostro impegno, evitare di porci in modo conflittuale con i docenti, quindi evitare lo scontro generazionale e qualsiasi risentimento interno, che finirebbe per indebolirci, per disperdere le nostre energie, non permettendoci oltretutto di migliorare la situazione e facendoci perdere quella serenità e quell’unità necessarie a cogliere le opportunità di reale cambiamento del sistema che tale crisi porta inevitabilmente con sé.

A presto, Francesco. 

GIUGNO 2010

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