Cambiare il Sud per cambiare l’Italia
Presentazione Comune di Cervicati del 13.08.2015
Relatore Avv. Luigi Veltri
(il primo a sx nella foto)
L’opera del Dott. Francesco Lo Giudice presenta una caratteristica alquanto singolare, non riscontrabile in altri autori, che è quella di sprizzare positività ed ottimismo circa il futuro della nostra terra. L’autore infatti non si limita semplicemente ad enumerare quelle che sono le cause del nostro degrado, ma ne indica anche le potenziali soluzioni, attraverso un’espressione costruttiva e propositiva, che fornisce importanti spunti utili ad assecondare un’evoluzione socio-politica, economica e culturale del nostro meridione.
Dopo averne effettuato una approfondita lettura, la presente opera mi ha fornito importanti spunti di riflessione.
Sono oramai secoli che a partire dall’unità d’Italia (A.D. 1861) che si sente parlare di “questione meridionale” e di divario economico, politico, sociale e culturale tra Nord e Sud Italia. Se è vero che il fenomeno si è notevolmente ridimensionato negli ultimi anni a causa della crisi economica che ha imperversato in maniera omogenea in tutta la penisola, questo è ancora oggi permanente sul fronte socio-politico.
Le cause determinanti il divario sono numerose, gli argomenti sono molteplici e toccano vastissimi aspetti che prescindono dalla mera capacità economico-industriale di una Regione.
Affrontando la questione sul piano socio-giuridico ed in particolare in termini di “legalità”, va precisato che in Italia abbiamo migliaia di leggi, il nostro Parlamento è una vera e propria fucina normativa e la nostra Nazione è in Europa la più prolifica in tal senso. Nonostante ciò, gli Italiani e soprattutto quelli del meridione mostrano una costante insofferenza a rispettarle. E’ infatti più facile che una norma venga disattesa, violata e/o aggirata e non che venga rispettata.
Lo scarso senso civico, la mancanza di autodisciplina, nonché una certa (a tratti giustificabile) avversione per la classe dirigente e politica, ha determinato il diffondersi dell’idea che chi agisce seguendo le regole è ingenuo, stupido e debole, al contrario di chi le viola, che appare scaltro, furbo e forte.
Gli Italiani si ricordano della legge e ne pretendono il rispetto solo quando subiscono un danno, solo quando vedono calpestati i propri presunti diritti; è quello il momento in cui pretendono giustizia e lamentano la diffusa illegalità imperversante nel nostro paese, ignorando che anche loro ne sono gli artefici. Quando invece la via dell’illegalità è in grado di dare qualsivoglia vantaggio, nessuno si fa scrupoli ad assecondare violazioni di legge ed a calpestare i diritti altrui, perseguendo una situazione di comodo. Esiste quindi una distorta attribuzione dei valori, dove la giustizia, la legalità, la correttezza e la buona fede cedono di fronte all’illegalità, alla corruzione ed al clientelismo, i quali, pur indignando l’opinione pubblica, generano nel cittadino debole ed oppresso un certo spirito di emulazione.
A mio personale avviso, affinché si possa cambiare o perlomeno migliorare il sud per cambiare e/o migliorare l’Italia è necessario in primis ripristinare la sovranità della legge e la sua corretta e rigida applicazione. Ciò non deve però avvenire attraverso l’inutile aggravio di pene e sanzioni amministrative o peggio con l’emanazione di nuove norme giuridiche, poiché ciò avrebbe come unico effetto quello di ingolfare il corso della già lenta giustizia italiana, generando contraddizioni ed incoerenze; Il cambiamento si può realizzare soltanto instillando nei cittadini la cultura della legalità attraverso una politica premiale utile a dimostrare che solo col rispetto delle regole si possono ottenere vantaggi concreti e permanenti.
La cosa è abbastanza ardua ed utopistica, nell’assunto che spesso il cittadino tende ad aggirare una legge solo per ragioni di autodifesa ovvero per non subire “ingiustizie” protette a un velo di legittimità, utili ad avvantaggiare unicamente lo Stato già caratterizzato da un sistema politico corrotto, marcio e perverso.
E’ oramai risaputo che in Italia ed al sud in particolare, i diritti si ottengono sottoforma di favori personali, per mezzo di raccomandazioni e sotterfugi che permettono di bypassare ostacoli legali e non altrimenti insormontabili. Ciò determina il venir meno della meritocrazia quale valore primario, la quale cede di fronte a meccanismi oramai consolidati, sistemici e consuetudinari tanto da non rappresentare più un’eccezione (sanzionabile), ma la regola (non più punibile). Le vie illegali diventano l’unica fonte cui attingere per ottenere qualcosa, per agevolare il raggiungimento di un obbiettivo difficile da perseguire per le vie ordinarie.
Il cittadino inevitabilmente si adegua per non esserne vittima, ma a farne le spese sono soprattutto i giovani, sia quelli che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro, sia quelli che già hanno un’occupazione, i quali accettano il fenomeno corruttivo prendendone coscienza e familiarità fin da piccoli (è infatti risaputo che siffatto fenomeno è in grado di imperversare fin dalle scuole primarie o in qualsivoglia altra formazione sociale in cui il giovane viene inserito), odiandolo o amandolo a seconda che possano o meno beneficiare dei suoi vantaggi e spesso usandolo come capro espiatorio per giustificare i propri insuccessi.
Tutto ciò crea un irreversibile sentimento di sconforto, frustrazione, insoddisfazione, di incertezza per il futuro e di avversione verso lo Stato e le istituzioni che fondano il loro modus operandi su tali strumenti (disprezzo per le istituzioni che viene spesso manifestato con il rifiuto di andare a votare o di partecipare alla amministrazione della cosa pubblica).
Questa è anche la principale causa della fuga dei cervelli all’estero e del forte flusso migratorio di studenti e giovani disoccupati verso le regioni del nord Italia, cercando fuori dal proprio paese di origine un ambiente più consono a valorizzarli.
E’ certamente pacifica la considerazione che al nord esiste un maggiore senso civico e rispetto della legalità, tanto concreto da permetterci di ravvisare all’interno di alcune Pubbliche Amministrazioni l’adozione di un modus operandi idoneo a garantire la legalità, ciò attraverso l’applicazione di regole consuetudinarie e comportamentali utili ad assicurare il rispetto di norme e procedure. Esiste insomma una realtà leggermente diversa, più stimolante e gratificante, a tratti meritocratica e/o selettiva in alcuni ambiti, che genera attrattiva per chi vuole lavorare senza dover scendere a compromessi.
I benefici sono notevoli; è infatti comprovato che i giovani provenienti dal meridione riescono a dare il loro meglio solo se operativi al nord Italia, fuori dal proprio paese di origine. Essi si confrontano con una realtà diversa che, nei limiti del possibile, li valorizza, li forma professionalmente assecondandone il loro talento. Abbiamo in meridione importanti risorse umane che non siamo in grado di sfruttare; lasciare che queste trovino collocazione ed operatività nel proprio paese di origine potrebbe essere un primo passo per migliorare il sud e quindi l’Italia.
La concezione che al nord Italia hanno di noi meridionali è quella dei terroni ignoranti e vagabondi, capaci di vivere come parassiti sulle loro spalle ed incapaci di attuare qualsivoglia forma di progresso. Questi sanno che però se un calabrese viene messo nel giusto contesto lavorativo, sociale e politico e nelle condizioni di poter operare, costui sarà in grado di realizzare grandi cose, nonché di ricoprire anche ruoli istituzionali di spicco, surclassando qualsiasi cittadino settentrionale operativo nello stesso ruolo.
Siamo noi meridionali che abbiamo fatto grande il nord Italia, ciò anche grazie agli stimoli che questo è stato in grado di darci; le nostre capacità invece sembrano non trovare sbocchi se si resta nel meridione, soffocate da una irreversibile debolezza del tessuto sociale, alimentata dalla pressante presenza di organizzazioni criminali capaci di permeare ogni attività economica, politica e culturale delle nostre Regioni. Una forza superiore che tarpa le ali, mette in imbarazzo e crea un clima di terrore ed omertà impossibile da debellare. Anche i numerosi tentativi di far crescere economicamente il mezzogiorno attraverso le ingenti risorse finanziarie messe a disposizione dallo Stato Italiano e dall’Europa a partire dal secolo scorso non hanno mai prodotto risultati utili, poiché sprecate e sperperate da classi dirigenti corrotte ed avulse dalla criminalità organizzata.
Alla luce di siffatte considerazioni, affinché possa avviarsi un tentativo di cambiamento per il sud e per l’Italia, è necessario adottare scelte drastiche, in totale controtendenza con quelle fatte fin’ora, ciò anche attraverso un ripristino del concetto di legalità quale valore primario da perseguire ed applicare a partire proprio dagli ambienti politici ed istituzionali, nonché attraverso l’adozione da parte dello Stato Italiano e delle Regioni meridionali di una politica premiale, utile a fornire concreti vantaggi e riconoscimenti a chi opera nella giustizia e nel rispetto delle regole, abbattendo qualsiasi forma di corruzione e clientelismo o meglio facendone venir meno l’esigenza, attraverso un sostegno meritocratico a favore dei cittadini e delle imprese, prodromico a ricreare quelle situazioni ambientali positive e stimolanti che al momento esistono solo all’estero o in poche zone del nord Italia.