Saluti e ringraziamenti ai presenti, ai colleghi relatori (soprattutto al prof. Costabile che ha accettato l’invito che io stesso Gli ho rivolto per tramite Vostro) ed in particolare all’amico Adolfo Passarelli, che ha organizzato questo momento di riflessione pubblica su un libro così interessante (quale quello che andiamo a presentare) che parla di uno degli aspetti più controversi del nostro Paese: la legalità.
Questo è un libro che si deve leggere (non solo per la qualità dei contenuti) ma per 2 motivi:
1- è frutto di una ricerca nazionale – a cui mi onoro aver partecipato – che ha visto collaborare 5 gruppi di ricerca di 5 università diverse, sparse sul territorio nazionale: università di Messina (Sicilia), Università della Calabria (che ha fatto da capofila) università La Sapienza (Lazio) università di Firenze (Toscana) e università di Bergamo (Lombardia).
2- Perché offre una lettura sociologica della legalità; della legalità come costruzione sociale, denominata neoweberiana. Cioè la legalità analizzata non come un fenomeno statico, rigido, verticale e dato per scontato, ma come un processo ‘in continuo divenire’, in evoluzione e di continua mediazione con i fattori storici, economici, filosofico – culturali. La legalità quindi come ‘costruzione’ e ‘de-costruzione’ sociale. Tale approccio di comprensione della legalità è chiamato neo – weberiano perché parte dagli assunti teorici di Max Weber, i quali vengono arricchiti con gli studi di Eisenstadt e Polanji (altri grandissimi studiosi della nostra epoca). Si rivela pertanto un lavoro originale perché tutti gli altri studi sulla legalità si concentrano più che altro sull’illegalità e sulle sue diverse patologie (mafia, corruzione, clientela, ecc.)
Procederò (anche per non abusare della Vostra pazienza) per spunti di riflessione:
1 ) Primo spunto. La ricerca ha lavorato sulle rappresentazioni sociali della legalità (sia per ottenere una maggiore sincerità nelle risposte, sia per l’importanza che rivestono le rappresentazioni sociali nella costruzione sociale della realtà. Esse infatti hanno una duplice vocazione: ‘cognitiva’ e ‘normativa’, ossia vi è solidarietà tra rappresentazioni e pratiche. Questo accade ad esempio anche in noi (come ci comportiamo è anche il risultato di come ci percepiamo) e accade a livello sociale (teorema di Thomas) ‘’ciò che gli individui percepiscono come reale esso diventa reale nelle sue conseguenze’’ (profezia che si autoavvera). Di questo meccanismo delle rappresentazioni avremo modo di parlarne magari un’altra volta.
2 ) Secondo spunto. Le ipotesi di ricerca vengono confermate e si spiega il perchè.
Esse erano le seguenti:
1 – la legalità in Italia appare complessivamente debole e risulta in vario modo delegittimata rispetto al modello di legalità forte tipico del processo di modernizzazione occidentale.
2 – La legalità in Italia appare in maggiore crisi negli ultimi anni
3 – La legalità in Italia risulta tuttavia differenziata a livello regionale ed anche a livello di elite.
3) Terzo spunto. La legalità come sodalizio tra etica (ciò che è giusto) ed economia (ciò che è utile). Dove la conformità al sistema razionale legale (di tipo democratico) è maggiore, maggiori sono i comportamenti etici, più forte è l’economia, e viceversa. Pensiamo infatti al Mezzogiorno d’Italia,
4) ed è il quarto spunto di riflessione. Molti pensano – illogicamente – che ci siano popoli avvezzi a delinquere (come noi meridionali) e quindi pongono la questione su un piano etico, trascurando di fatto quello economico, ossia la relazione tra sviluppo e costruzione sociale delle legalità. Sentite cosa dice, a proposito in maniera illuminante il prof. Fantozzi nell’introduzione al libro: << …. La seconda frattura, (la prima è quella di natura etica), quella economica è il frutto in discontinuo e diseguale sviluppo dell’apparato produttivo, sul piano territoriale e sociale, che ha di conseguenza privato una larga parte del Paese, il Mezzogiorno, di uno dei pilastri della legalità, cioè di un sistema industriale (interessi, valori e culture, associazioni) e di un mercato economico autonomi anziché dipendenti dalla politica, capaci di legare l’affermazione dei diritti di cittadinanza al lavoro, al merito ed alla leale competizione e non all’assistenza e al favore. … >>. E ancora – a pag. 18 – << … in questo quadro, la modernizzazione economica dell’Italia, in ragione del tipo di presenza regionale dell’industria (maggiore, minore o quasi assente, antica o recente) ha seguito cammini profondamenti differenti, con conseguenze che supponiamo rilevanti dal punto di vista dell’affermazione della legalità, come pratica e come credenza… >>. L’Italia del Sud è stata relegata ad un ruolo passivo nel sistema di produzione nazionale e l’illegalità è diventata sistemica e organizzata. Mi sono posto, a tal proposito, una domanda e la pongo anche a Voi: ci sarebbe tutta questa illegalità e disgregazione sociale in Calabria e nel Sud se ci fosse un sistema produttivo industriale efficiente e forte, tale da creare lavoro, infrastrutture, servizi ? Metafora: Può essere che sbagli ma ho pensato allo sviluppo sociale come ad un treno, che corre sui binari dell’etica e dell’economia, i quali poggiano sui ‘travertini’ del sistema normativo. Ossia le leggi come una sorta di travertini, in cui i binari dell’etica e dell’economia poggiano.
Se le leggi non fanno in modo che l’etica e l’economia procedano armoniosamente, o se uno dei due binari prende una strada autonoma, il treno deraglia, e la società implode.
5 ) Quinto spunto di riflessione. Nel nostro Paese – si rivela nel testo – vi è discrasia tra la ‘’legalità enunciata’’ e la ‘’legalità agita’’. Ovvero, la legalità è conosciuta, ma non è creduta! Predicata ma non praticata. Perché ? Perché in molte circostanze essa non è ancora da noi ritenuta ‘’il valore fondamentale di riferimento’’, anzi, per certi versi possiamo definirla un disvalore. Cosa voglio dire ? I valori nella società si attribuiscono in virtù delle qualità che servono a conquistare e mantenere condizioni di potere, privilegio e sicurezza sociali. Dai risultati della ricerca di cui questo libro parla la maggiore causa di illegalità è il successo economico (!!!) La legalità non è quindi ritenuta un ‘valore’ quando passiamo un concorso o troviamo lavoro con raccomandazione, quando risolviamo una ingiustizia rivolgendoci al delinquente di turno piuttosto che alle forze dell’ordine. Quando usufruiamo di una preferenza sanitaria per amicizia e non per lista d’attesa. Ogni qualvolta insomma scegliamo di essere CLIENTES e non CITTADINI, perché sappiamo che conviene di più!
Riporto un esempio personale: dovete sapere che io, nel mio piccolo, oltre ad studioso di questi argomenti sono anche un politico, attualmente consigliere comunale a Bisignano. La maggior parte delle persone che si rivolge a me lo fa per chiedermi un posto di lavoro, per intercedere magari presso una azienda e farli assumere. Io solitamente spingo per far sì che siano essi stessi a proporsi, senza bisogno di intermediazione politica. Dico << presentati direttamente Tu, spiega che hai bisogno e voglia di lavorare, e di lavorare bene >> Ma il più delle volte, a questo mio invito, mi sento guardare da loro, come per dire: <<… Francè noi vorremmo che fosse come dici Tu, ma sappiamo come funzionano le cose, se non c’è la spinta non si entra… >>. Al ché mi sono posto – e Vi pongo – un’altra domanda: in virtù di quanto appena detto,quanto sono libere le elites? Quanto cioè i componenti delle classi dirigenti, di coloro che hanno responsabilità sono davvero liberi dalla necessità di soddisfare esigenze particolari in un contesto, come il nostro, dove diffuse sono le condizioni di bisogno ?
6) E vengo al sesto punto di riflessione. Il ruolo – appunto – delle elites. Sono le elites che – secondo quanto afferma Eisenstadt (riportato in questo testo) – detengono la capacità di collegare le opportunità di cambiamento con le situazioni preesistenti. Sono cioè le elites che devono essere in grado di promuovere il cambiamento, in questo caso creare le condizioni per una maggiore affermazione della legalità. Perché chi ha bisogno non è libero ( diceva Roosevelt) e non può farlo. Ma come fanno le elites a promuovere il cambiamento se (dal lavoro di questa ricerca) è emerso che (e vengo al settimo spunto di riflessione)
7 ) la colpa dell’illegalità è sempre di chi sta sopra? Degli altri! Quindi de- responsabilizzazione, quindi sfiducia, quindi ‘de-costruzione’ della legalità.
8 ) ottavo spunto. Società & regole. Nel libro viene riportata una bellissima frase di Durkheim (1966) che dice: << … la società, nel suo insieme, è preminente fondata sul processo normativo e sulla sua evoluzione .. >> e lo stesso prof. Costabile, qui con noi oggi, afferma (a pag. 45 di questo libro) : <<… Ogni società, antica, premoderna, moderna, contemporanea, per esistere e svilupparsi, ha bisogno di un insieme, variamente coordinato, di norme capaci di conferire un equilibrio alle relazioni ed ai processi sociali, al fine di evitare l’anomia, il caos e la disintegrazione… >>.
Quindi ecco l’importanza di capire la legalità. Sempre dal testo, infatti, si legge a pag. 12 <<… Studiare la legalità in questa prospettiva significa entrare nei fondamenti della vita sociale tipici della società di massa; significa cercare di cogliere come nascono, si riproducono e si trasformano l’ordine, la reciprocità, la responsabilità e la giustizia… >>
CRISI di LEGALITA’ non vuol dire infatti che non ci siano regole! No! Noi siamo immersi in sistemi normativi che si sovrappongono e confondo tra loro ! Anzi ragionavo sul fatto che probabilmente non ci sia niente di quello che noi esseri umani facciamo che non sia disciplinato da una qualche regola (sia essa statale, religiosa, o piuttosto una moda, una tradizione, una regola della nostra comunità, del mercato, ecc.)
Crisi di legalità, quindi, non vuol dire che non si rispettino più le norme, ma vuol dire che TRA TUTTI I SISTEMI NORMATIVI IN cui ci ritroviamo ad agire, quello RAZIONALE LEGALE NON E’ CONSIDERATO quello PREMINENTE! Vuol dire (e vado al nono ed ultimo spunto di riflessione) che
9 ) nel conflitto tra le REGOLE INFORMALI (quelle della famiglia, della comunità, dei gruppi di interesse, ecc.) e le REGOLE FORMALI (quelle dello Stato) le prime prevalgono sulle seconde. Così come, sempre in periodi di crisi, nel conflitto tra doveri e diritti, I DOVERI PREVALGONO SUI DIRITTI, perché i primi progressivamente aumentano di intensità ed erodono i secondi !
Vi ringrazio!
Sede Municipale di Montalto Uffugo, 27 agosto 2013.
Francesco Lo Giudice